04.01.02
Ausstellungsansicht Solo Tango, 2002, Change, Studio D´Arte Contemporanea, Rom
Gaetano Biccardi
Un’arte in cammino verso l’Altro.
Appunti su Nathalie Grenzhäuser e Solo tango
Pur non volendo dar corda ad irrazionalismi di sorta, si potrebbe pensare, come per gioco, di interpretare il “destino d’artista” di Nathalie Grenzhäuser a partire dal suo cognome, che in italiano significa pressappoco: colei che abita il confine. Abitare (hausen) in maniera provvisoria il confine (Grenze) vuol dire, qui, innanzitutto apertura, dinamismo e spostamento continuo del proprio limite esistenziale ed estetico. Il limite o confine che si sposta, si trasmuta e si confonde continuamente – mai per vezzo esteriore, ma sempre per un’intima necessità biografica – può diventare così la chiave di lettura della multiforme opera di NG. In particolare, saltano agli occhi alcune modalità ricorrenti del vivere ed operare sempre “al confine” e “al limite” dell’artista nata a Stoccarda nel 1969 che (qui detto fuor di metafora) vive ed opera prevalentemente tra Offenbach e Francoforte sul Meno. Il centro della Repubblica Federale Tedesca è, tuttavia, solo la base di partenza per i molteplici punti di fuga di NG al di là di limiti e confini che sono sostanzialmente geografici, estetici e di gender. Il primo e più evidente, nonché concreto, sconfinamento riscontrabile nella vita e nell’opera di NG è dato dal viaggio, principale motivo (nel duplice senso di causa e tema ricorrente) di gran parte dei suoi lavori. Già i titoli di alcune sue opere sono esemplificativi di una costante ricerca dell’Altro e di sé attraverso il viaggio. Dopo Time to move (Francoforte 1998) seguono 1999 : Reset (Napoli), Paris-Omaha ed Omaha Beach (Amburgo, Parigi e San Francisco 2003/04) e, parallelamente, le partecipazioni a mostre collettive dai titoli altrettanto programmatici Home Abroad (Roma 2000), Viatico (Francoforte 2000) ed Herkunft unbekannt (Colonia 2003). Il Leitmotiv sconfinamento geografico è sostanziato da un coraggioso travalicamento di limiti e confini estetici. L’opera di NG – che, non a caso, ha studiato arte interdisciplinare presso Hermann Nitsch – si caratterizza, infatti, per la poliedricità dei media, dei generi e delle tecniche nei quali articola un discorso di immagini che trasportano una notevole carica emotiva pur rinunciando a qualsiasi effetto forte o patetico. NG trasmette il suo peculiare pathos della distanza in fotografie di paesaggi elaborate al computer, performances, proiezioni di diapositive, installazioni e fotostorie. Sono questi i principali mezzi espressivi – ai quali ultimamente si è aggiunto il tradizionale acquerello – che NG utilizza, talvolta anche simultaneamente nell’ambito di uno stesso lavoro, in una poetica e in una prassi artistica che rifiutano di accettare il principio capitalistico-borghese della specializzazione e divisione del lavoro. NG pone, poi, in modo sempre raffinato, ironico, per quanto deciso e radicale, la questione del “genere” femminile e maschile, da lei ripetutamente travalicato nel corso di affascinanti travestimenti e giochi performativi col mutamento di sesso. Esempi eclatanti e ben riusciti di tale intervento sul confine, socialmente riconosciuto, imposto e controllato, tra genere femminile e maschile, sono la performance allo Studio Morra, nell’ambito di 1999 : Reset, che parodiava la macchietta Ciccio Formaggio con un ardito avvicinamento non solo all’altro gender, ma soprattutto all’Altro della cultura popolare partenopea; e, la graffiante fotostoria, dalla drammaturgia surreale e scurrile, 3 x 2 = 42, realizzata con Minka Maslowski per la parigina Nogoodindustry nel 2002. L’installazione con proiezione di diapositive Solo tango (Francoforte, Roma 2000/02) può essere considerata la summa, certo non monumentalmente intesa, dei tre sconfinamenti di cui sopra. Il titolo del lavoro rinvia a due paradossi. La sensuale danza argentina che prevede idealmente un partner femminile ed uno maschile (entrambi impersonati da NG in sapiente gioco di incroci, sovrapposizioni e dissolvenze) viene ridotta ad un assolo. I due danzatori sono entrambi tesi verso l’Altro in uno spasimo, si erotico, ma sempre controllato e composto dalla fattuale impossibilità dell’abbraccio. I danzatori – due nell’illusione del diashow, ma in realtà solo e sempre la stessa NG – incarnano una romantica Sehnsucht (termine tutto tedesco e mal traducibile in italiano con gli inadeguati “nostalgia”, “struggimento”, “ardore”). Tale Sehnsucht, che sembra dolorosamente irrisolvibile, si risove, invece, grazie allo stoicismo peculiare del soggetto postmoderno, consapevole e, tutto sommato, felice del suo essere diviso, dividuum più che individuo. L’aporia dell’incontro impossibile tra i due partner si scioglie, sul piano programmatico ed estetico-narrativo, nella consapevolezza di NG di essere, sia come artista che come soggetto, sempre “doppia”, se stessa ed altra al contempo. In tal senso, l’incontro ha luogo paradossalmente proprio in virtù della divisione, realizzandosi come una sorta di afflato con l’assenza. L’ulteriore paradosso di Solo tango è nuovamente costituito da una mancanza, da una palese sottrazione di segno e di senso con cui intelligentemente opera NG. A cadenzare il susseguirsi ed intrecciarsi delle diapositive nello spazio installativo di Solo tango non v’è alcuna musica struggente di bandoneon (come l’immaginario collettivo gradirebbe), bensì il rumore di fondo dei diaproiettori che scandiscono la performance ritmicamente, azzerando, però, il trasporto emozionale che la musica argentina avrebbe potuto provocare. E, tuttavia, questa sottrazione origina un surplus di intensità ed emozione che trasforma l’assenza della musica e dei corpi dei danzatori – dell’Altro e del sé di NG – nella presenza stupefacente e ricca di stupore di un’insondabile aura. Accade, così, che la composizione “postdrammatica” dei frammenti di un impossibile “discorso amoroso” proposta da NG generi la pienezza di una performance che si svolge nel qui e ora della fruizione cui lo spettatore è chiamato a partecipare nello spazio scenico evocato dalle diapositive. La “messiscena” di Solo tango – realizzata in un salone vuoto di un antico appartamento nel Palazzo dello Spagnolo al rione Sanità di Napoli, pensando forse a Buenos Aires – invita lo spettatore alla “danza” della costruzione di un senso non percepibile intellettualmente, ma tramite i sensi. In questa avventura della percezione, l’arte di NG, come a voler sottolineare l’urgenza di una Sehnsucht estetica oltre che antropologica, ricorre al mezzo senz’altro demodé, ma altamente suggestivo e pregnante, della diaproiezione che, nel bel mezzo delle più sofisticate tecnologie digitali, offre un saggio artistico di “archeologia dei media”. Nella caverna delle apparizioni ideata da NG partecipiamo ad un evento artistico che – a tutto dispetto di Platone – si emancipa dall’essere mera riproduzione di immagini per assumere una qualità genuinamente teatrale e performativa, transitoria ma comunitaria: momento autentico e vivo di un’arte in cammino verso l’Altro.
Francoforte sul Meno, aprile 2005
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